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Rapporto di Unicredit e Touring Club. Buone le prospettive per il 2016. I numeri del comparto. L’arretratezza del Meridione e della Sardegna.
Unicredit e Touring Club Italiano hanno pubblicato di recente il “Rapporto sul turismo 2016”, che fotografa la situazione e i numeri del comparto sia a livello nazionale che internazionale.


Si legge nel rapporto che - dopo un 2015 positivo (1,2 miliardi di arrivi internazionali) - anche per il 2016 le previsioni sono molto incoraggianti e indicano un ritmo di crescita sostenuto che dovrebbe oscillare, a livello mondiale, intorno al 4%.
Un dato importante se si considera che quanto sta accadendo - escalation degli attentati, clima di paura, controlli più serrati - non costituisce sicuramente un incentivo per il settore.
Guardando a cosa è avvenuto nelle diverse macroaree del Pianeta, l’Europa si riconferma la destinazione turistica più visitata: con 609 milioni di arrivi internazionali attrae, infatti, il 51% dei flussi complessivi. Seguono Asia e Pacifico (277 milioni, circa il 23%) e l’America con 191 milioni di arrivi (16%). Europa, America e Asia-Pacifico registrano i tassi di crescita più elevati (+5% circa). Rallentano vistosamente i flussi in Africa (-3,3%): la complessa situazione sulle sponde del Mediterraneo pesa sulle dinamiche dell’intero continente, visto che il Nord Africa attrae oltre un terzo degli arrivi nella regione.
Destinazioni turistiche internazionali: le top five
La classifica dei Paesi più visitati al mondo non riserva particolari sorprese rispetto a quella degli ultimi anni: resta, infatti, al primo posto la Francia con 83,8 milioni di arrivi internazionali, seguita dagli USA (74,8), dalla Spagna (65) e della Cina (55,6). L’Italia si conferma quinta (48,6 milioni), prima della Turchia (39,8).
Consolidata ormai anche la top ten dei principali Paesi generatori di spesa outgoing, ossia al di fuori dei confini nazionali: tra le nazioni top spender si conferma al primo posto la Cina (164,9 miliardi di dollari), seguita da USA (110,8) e Germania (92,2). Due le novità: il Regno Unito, in quarta posizione (57,6), supera la Russia (50,4 miliardi), mentre l’Italia (28,8 miliardi) - dopo anni in cui continuava a retrocedere anche a causa della recessione - è risalita in ottava posizione scavalcando l’Australia.
Il valore del turismo in Italia
Anche se la destinazione Italia, a livello internazionale, non è più competitiva come un tempo, il turismo resta un importante driver per il nostro Paese. L’Italia è comunque una delle mete di viaggio più ambite a livello planetario con numeri di tutto stintino strisciarispetto: l’Organizzazione Mondiale del Turismo ci pone per capacità attrattiva in quinta posizione con 48,6 milioni di arrivi internazionali e le stime 2015 del World Travel and Tourism Council dicono che la nostra industria turistica vale 67,2 miliardi di euro (il 4,2% del Pil) che diventano 165,4 miliardi di euro (il 10,2% del Pil), se si considera anche l’indotto. Ciò ha ricadute molto positive anche in termini di posti di lavoro: 2,6 milioni gli occupati totali.
La fotografia dei dati ufficiali più aggiornati mostra anche una situazione in lento miglioramento rispetto al passato: gli arrivi totali, circa 107 milioni,sono in crescita (+2,6%) mentre le presenze (378 milioni) si mantengono stabili. La novità più rilevante appare l’inversione di tendenza del turismo domestico: dopo anni negativi, gli arrivi italiani aumentano del 2,5% mentre le presenze sono stazionarie.
L’incoming si conferma ancora una volta un importante traino del nostro turismo: la spesa turistica degli stranieri nel 2015, per il quarto anno dal 2012, registra un record con quasi 36 miliardi di euro. Anche la bilancia dei pagamenti turistica, che mette a confronto le spese degli stranieri in Italia con le spese degli italiani all’estero, è molto positiva: 13,7 mld di euro.
Di fatto il turismo si conferma, per il valore dell’export, il terzo settore del Paese, dopo il settore tessile/abbigliamento e l’industria dei mezzi di trasporto.
Il nostro turismo deve la sua fortuna a una manciata di Paesi: i primi 10 in classifica (Germania, USA, Francia, UK, Russia, Svizzera, Austria, Olanda, Spagna e Canada) valgono infatti più del 70% delle presenze straniere totali. La Germania, da sola, arriva addirittura al 28%. Tutti i mercati si presentano sul medio periodo in crescita - tra i principali, spicca la Russia che vanta un incremento di oltre il 100% - a parte i Paesi Bassi che, invece, registrano un calo del 3% sulle presenze e la Spagna (-2,2%). Si tratta di un segnale da non sottovalutare perché probabilmente indica che nell’ampia e variegata offerta open air (turismo verde, cicloturismo ecc.) - tradizionalmente cara ai turisti olandesi - possiamo fare di più e meglio.
Evoluzione della domanda turistica e nuove formule di offerta. La vacanza si compra in rete.
La domanda turistica è in continua evoluzione anche a causa di una serie di fattori che hanno influenzato la società contemporanea: emerge in primo luogo il ruolo della Rete sui comportamenti e sui consumi quotidiani, anche turistici. Secondo il Flash Eurobarometer 2016 della Commissione Europea, i siti web che raccolgono e presentano commenti, recensioni e giudizi dei viaggiatori incidono per il 34% sulla scelta delle destinazioni e costituiscono la seconda fonte, dopo il passaparola di parenti, amici e colleghi (51%). La Rete, inoltre, è il primo strumento per prenotare o acquistare servizi turistici.
bagnante 12In secondo luogo, la domanda è influenzata dalle contaminazioni derivanti dal diffondersi della sharing economy. Ad esempio, il couchsurfing - lo scambio di ospitalità a titolo gratuito - è un fenomeno ormai affermatosi da oltre un decennio mentre è più recente la tendenza ad affittare privatamente una o più stanze della propria abitazione attraverso community on line: è il caso di Airbnb che evidenzia il sempre maggior interesse della domanda per esperienze di immersione nella comunità ospitante.
Non possiamo però trascurare di mettere in evidenza come la diffusione delle compagnie aeree low cost abbia modificato il mercato turistico negli ultimi due decenni, influenzando la scelta delle destinazioni di breve/medio raggio potenzialmente raggiungibili. E nell’ultimo periodo abbiamo avuto purtroppo la dimostrazione di come il disimpegno di una compagnia aerea low cost possa determinare un brusco calo di arrivi nel nostro territorio.
Va infine considerato che il viaggiatore contemporaneo ricerca sempre più delle esperienze calibrate sulle proprie esigenze e sul proprio stile di vita, dunque non massificate e standardizzate. Il turismo, infatti, è ormai parte integrante della quotidianità delle persone ha perso quell’aspetto di eccezionalità dei decenni passati. Del resto, la sempre meno netta cesura tra tempo di lavoro e tempo libero ha portato a un maggior investimento personale (non solo economico ma soprattutto in termini di valori, bisogni, aspettative) che dalla vita quotidiana si riversa nel viaggio.
Consistenza del turismo nelle Regioni italiane. L’arretratezza del Sud e la modesta rilevanza dei numeri della Sardegna
L’Italia ha una lunga tradizione turistica ed è notevole il peso economico e occupazionale del settore. Non si può dire però che il turismo rappresenti attualmente un fattore di crescita per il territorio nazionale nel suo complesso: anche nell’industria dei viaggi e delle vacanze si conferma che Centro-Nord e Sud procedono su binari differenti. Si tratta di un vero e proprio paradosso se si considera che le caratteristiche turistiche più apprezzate del nostro Paese - clima, paesaggio, patrimonio storico, cibo ecc. - sono un’efficace sintesi del Meridione.
Le diversità perdurano. Se si considerano le presenze, vediamo infatti che il Veneto, con quasi 62 milioni, è la regione più turistica, una performance superiore di oltre cinque volte a quella della Sardegna (11 milioni e 300 mila).
Se annualmente sul territorio italiano possiamo registrare quasi 378 milioni di presenze totali - il 49% delle quali straniere - nemmeno il 20% ha come destinazione il Sud e solo il 3% la Sardegna (Tuttavia, a parziale consolazione, teniamo conto che si tratta di numeri relativi alle presenze ‘ufficiali’ registrate nelle strutture ricettive classificate. In Sardegna, il cosiddetto turismo sommerso, ossia le case-vacanza date in affitto, determinano un numero di presenze reali molto più consistente).
Considerando, poi, i flussi provenienti dall’estero, la situazione di arretratezza turistica del Meridione appare ancora più fosca: solo il 14% delle presenze coinvolge un’area meridionale. Anche la spesa incoming è un indicatore attendibile del diverso livello di sviluppo del turismo nelle regioni: la leadership è del Lazio (6,1 miliardi di euro lasciati dagli stranieri sugli oltre 34 miliardi complessivi in Italia nel 2014), segue la Lombardia (5,8) e, a distanza, Veneto (4,8) e Toscana (4). La prima regione del Sud - sesta - è la Campania con 1,5 miliardi di euro, mentre la Sardegna deve accontentarsi di 597 milioni di spesa turistica straniera.
Sta di fatto che le regioni meridionali attraggono insieme 4,6 miliardi, meno di quanto faccia il Veneto, e poco più della Toscana.
Da ultimo, la situazione è aggravata dalla stagionalità che è una delle questioni annose del turismo italiano, in particolare su alcuni territori: se a livello medio nazionale, la metà delle presenze totali si registra nel trimestre giugno-agosto, in alcune Regioni, tra cui la Sardegna, la concentrazione dei flussi turistici nei mesi estivi supera il 60%.

 

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