Università Sassari

Rapporto Crenos 2016: Sardegna al 206° posto tra le regioni europee. Qualche timido segnale di ripresa, ma la situazione è ancora stagnante. Turismo penalizzato dalla stagionalità.

Il Crenos, autorevole centro di ricerche che mette insieme studiosi delle Università di Sassari e Cagliari, ha presentato di recente il "Rapporto 2016 sull'economia della Sardegna", che analizza la situazione macroeconomica e svela lo stato di salute della nostra regione. Nel rapporto si analizzano anzitutto i dati di contabilità nazionale, che tracciano per l’Italia e il Mezzogiorno un quadro con evidenti segni di fragilità: il PIL pro capite non è mai stato così basso negli ultimi 15 anni e la recessione ha colpito soprattutto le aree storicamente più deboli: infatti nel Mezzogiorno la riduzione del reddito è stata più forte che nel Centro-Nord. Va da sé che la distanza tra il Nord e il Sud del Paese è aumentata, tanto è vero che il PIL pro capite del Mezzogiorno non raggiunge il 57% del Centro-Nord.

In questo scenario, la situazione della Sardegna sembra appena più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno: il PIL reale nel 2014 ammonta a 31,6 miliardi di euro, pari a 19.021 euro per abitante (Mezzogiorno 16.762 euro, Centro-Nord 29.676 euro), ovvero al 75,3% della media nazionale (25.257 euro) e al 64% del Centro-Nord.
I dati sul PIL pro capite europeo indicano che nel 2014 la Sardegna si posiziona 206esima su 276 regioni dell'UE, con un reddito per abitante pari al 72% di quello medio (come la Grecia).
Per quanto riguarda i consumi, i dati divulgati dal Crenos dicono che nel 2014 le famiglie sarde hanno speso 21,3 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi, pari a 12.808 per abitante (Mezzogiorno 11.629 euro, Centro-Nord 17.155 euro). I valori pro capite sono in calo dell’1,2% rispetto all’anno precedente. Tengono gli acquisti di servizi, che rappresentano circa la metà della spesa totale.

La struttura produttiva e l'export
Nel 2015 il numero delle attività imprenditoriali in Sardegna è pressoché invariato rispetto all’anno precedente: 142.578 imprese attive (85,9 ogni 1.000 abitanti). Il dato segue 6 anni consecutivi di ridimensionamento del tessuto imprenditoriale e indica un primo segnale di allontanamento dalla recessione.
Le imprese sarde hanno però una dimensione estremamente ridotta: in media 2,8 addetti. La quota di microimprese (meno di 10 addetti) è il 97% del totale e la forza lavoro in esse impiegata è il 63% del totale (47% in Italia).

agricolturaL’agricoltura sarda contribuisce relativamente poco alla creazione di valore aggiunto (meno del 5%). Desta preoccupazione il forte sottodimensionamento in termini di attività produttive, e ancor più di valore aggiunto (10,4% in Sardegna contro 18,6% in Italia), del comparto industriale. Tra i servizi le attività svolte da imprese private (finanziarie, immobiliari, professionali, supporto alle imprese) segnano il passo e confermano la loro minore capacità di creare valore aggiunto (5 punti percentuali in meno rispetto al dato italiano).
Buone notizie giungono dai dati sulle esportazioni: nel 2015 la Sardegna si riallinea al trend nazionale e registra un nuovo segno positivo (+3,2%). In particolare, l'industria alimentare, strategica per l’economia regionale per la maggiore ricaduta sul territorio, accelera le esportazioni per il quinto anno consecutivo (+13,4%) e raggiunge i 195 milioni di euro, nonostante permanga la forte dipendenza da un unico principale mercato di destinazione, gli Stati Uniti.

Il turismo
Continua a crescere il numero di turisti in Sardegna, in linea con quanto accade a livello internazionale e nazionale.
Per il 2014, i dati definitivi Istat indicano che la Sardegna ha registrato circa 2 milioni e 391 mila arrivi (+10%) e 11 milioni e 363 mila presenze (+6,4%): l’isola fa quindi peggio delle regioni competitor Sicilia e Puglia, ma meglio di Calabria e Corsica.
I dati sulle presenze evidenziano una ripresa della componente nazionale (+4,8%) e di quella estera (+8,3%). La quota dei turisti stranieri nel 2014 è pari al 47% (29% nel 2005) e si avvicina alla media nazionale. Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito si riconfermano i principali paesi di provenienza dei turisti stranieri. Da segnalare la crescita sostenuta dei turisti russi, che nell’ultimo anno fanno registrare un +26,5% di presenze.

La stagionalità dei flussi turistici rappresenta ancora una criticità per la Sardegna. Circa il 53% delle presenze turistiche si concentra nei mesi di luglio e agosto, e questa percentuale raggiunge l’84% se si considera l’intera estate (da giugno a settembre). I flussi internazionali superano la componente nazionale nei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre e ottobre, aiutando a perseguire l’obiettivo di destagionalizzazione.
bagnate 11Nel 2014 aumentano le strutture ricettive (+6,5%) e i posti letto (+13,9%) grazie soprattutto agli alloggi in affitto, le case per ferie e i campeggi. Nel settore alberghiero, gli hotel 5 stelle e 5 stelle lusso registrano l’aumento maggiore. Il tasso di occupazione delle strutture è inferiore alla media italiana: 20,9% per le strutture alberghiere e 8,4% per quelle extralberghiere. I dati sono in linea con quelli delle regioni competitor italiane, ma ancora inferiori a quelli della Corsica.

La forte stagionalità spiega il basso utilizzo delle strutture rispetto al potenziale: esse vengono utilizzate per il 52% nel mese di agosto e per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre.
Secondo i dati provvisori 2015 forniti dal Servizio della Statistica regionale, la domanda turistica continua a crescere per il terzo anno consecutivo: gli arrivi registrano un aumento del 9,2% e le presenze del 9,1%. Riprende la crescita della componente straniera delle presenze: +9,9%, contro il +8,4% della componente nazionale.

Il mercato del lavoro
In Sardegna, il tasso di attività e il tasso di occupazione nel 2015 crescono rispettivamente dell’1,7% e del 3,3%. Il tasso di disoccupazione diminuisce del 6,8%, dopo ben sette anni di crescita ininterrotta, attestandosi al 17,4% (118,6 mila disoccupati). L’analisi individua nella componente femminile con alto titolo di studio il fattore trainante di questa dinamica, nonostante il permanente differenziale di genere. Il tasso di attività si attesta infatti al 52% per le donne, aumentando di due punti percentuali nell’ultimo biennio, mentre resta abbastanza stabile per gli uomini (69,7%); il tasso di occupazione aumenta di due punti percentuali per le donne arrivando al 42,5%, mentre per gli uomini aumenta solo di un punto arrivando al 57,8%, in controtendenza con quanto accade a livello nazionale.
I disoccupati sardi sono soprattutto uomini con basso titolo di studio (35,1%, in aumento rispetto al 2014), mentre la quota di donne disoccupate con stesso livello di istruzione è 18,7% (in Italia queste quote sono pari a 27,7% e 16,1%). Anche la quota di diplomati disoccupati aumenta (dal 14,4% al 17,1%). Si riduce invece la quota di donne diplomate disoccupate (dal 25,9% al 18,2%).
Secondo i dati INPS - Osservatorio sul precariato - il 2015 è caratterizzato anche per la Sardegna da un numero di attivazioni di rapporti di lavoro superiore a quello delle cessazioni: il saldo netto è pari a quasi 12 mila rapporti di lavoro, corrispondente ad un aumento del 9% delle assunzioni totali (contro l’11% della media nazionale e il 7% del Mezzogiorno). Sono le prime ricadute del “Jobs Act”. Le assunzioni a tempo indeterminato passano da circa il 26% del 2014 al 35% nell’anno successivo, in linea con il dato nazionale e in misura decisamente maggiore rispetto al Mezzogiorno. Il dato è spiegato anche dalle trasformazioni di precedenti contratti di apprendistato o a tempo determinato, con un tasso di conversione di queste tipologie contrattuali pari al 43% in Sardegna, superiore al dato del Mezzogiorno ma leggermente inferiore al dato dell’Italia.

I fattori di crescita e sviluppo
L’analisi conferma il ben noto svantaggio della Sardegna in termini di dotazione di capitale umano. Nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM - Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%). I dati più allarmanti riguardano il tasso di abbandono scolastico, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in drastica crescita rispetto al 2010.

I servizi pubblici
L’analisi della sanità mostra segnali preoccupanti per la Sardegna, soprattutto alla luce delle politiche di contenimento della spesa decise dal governo centrale. La spesa sanitaria per abitante è sempre più lontana dalla media italiana. Nel 2014 cresce dello 0,8% (0,2% in Italia) ed è pari a 1.944 euro per abitante, dato superiore a quello del Centro-Nord (+73 euro) e del Mezzogiorno (+220 euro). Mentre negli ultimi cinque anni la spesa pro capite si riduce dello 0,6% in tutto il paese, in Sardegna si registra un incremento medio annuo dello 0,5% che porta il Servizio Sanitario Regionale (SSR) a destinare il 9,8% del PIL sardo al settore sanitario (6,9% in Italia).

 

 

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